“O caro amico, di sapere il modo col quale viene più gustoso, io ti dirò; nelle foglie di fico io l’ho preparato, con origano non molto, senza cacio e senz’altro untume. Quando l’ho sì conciato semplicemente, in mezzo a quelle foglie l’avvolgo, che intorno lego con giunco. Mettilo poscia sotto la calda cenere e colla mente vo cogliendo il tempo che sia ben arrostito, stando all’erta che non bruci”.
Archestrato, gastronomo siciliano nato intorno al 320 a.C.
Nonostante siano trascorsi 2.300 anni la fama dello sgombro, tra i più sapidi companatici meridionali, è rimasta immutata.
E malgrado siano trascorsi oltre 50 anni, ho ancora nel naso e nella mente il profumo del panino con lo sgombro che certi compagni di classe si portavano dentro la cartella, inondando sussidiari e quaderni di macchie d’olio. Altro che merendine! Il mulinobianco era una putìa che profumava di mortadella, gelato di campagna e flit.
Lo sgombro è stato un presidio sanitario vero e proprio, lungamente utilizzato dalle mamme per curare, insieme a tanti altri cibi, le sbucciature del corpo e della mente.
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IL DIBATTITO, SI!
e del pane col burro e lo zucchero, ne vogliamo parlare?