RILEGGERE OMERO

Un’idea mi ha sempre assillato, come un prurito ricorrente, una mosca ostinata. Quell’occhio ciclopico di cui Omero favoleggia, mi fa pensare all’antro del forno di pietra che dà vita e cibo alle case antiche della mia terra. 

Polifemo mi riconduce all’enorme fatica che era necessaria per costruirsi una casa, una vita di zappa e sudore incarnata da quel gigantesco pastore esagerato nelle dimensioni, nella dedizione al lavoro, al vino, imprigionato in un’esistenza fatta di solitudine e abbrutimento, al punto da rimetterci persino l’identità (“sono Nessuno!” Ma è più probabile che la risposta del ciclope catanese sia stata: “Nessuno sono!”, secondo il costrutto siciliano ancora oggi in uso)

È una metafora che appartiene solo a me, ma alla quale sono affezionato: la immagino pensando che, fino a pochi decenni fa, la pala che penetrava nel forno restituiva la libertà dalla fame, cosi come la trave di Ulisse liberò lui e i suoi uomini.

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 IL DIBATTITO, SÌ!

E’ evidente, siamo in piena fantamitologia (la cosa che più s’avvicina a un programma elettorale) .  Ma siccome la fantasia ci stimola, proponiamo di inventare panini originali. Si attendono suggestioni.