IL SAPORE DELLA FEDE

Lavuru, lavoro. Tutto il ciclo, dalla semina del grano alla mietitura, in siciliano si dice lavuru, lavoro per antonomasia.

E i lavureddi sono cuscini di semi di grano lasciati germogliare su letti di ovatta bagnata. Vengono offerti a Pasqua in devozione, a ornare gli altari del Cristo morto e poi risorto.

Profondi e imperscrutabili i nessi tra lavoro, grano e religione: frumento che diventa ostia e quindi corpodicristo: guai a masticarlo. Pane inciso da croci propiziatorie, terra arata al ritmo di preghiere sempre uguali. E la più popolare delle suppliche che invoca il Padre affinché ci dia il nostro pane quotidiano. Mica la carne o il pesce. No, il pane. Se la fede ha un sapore, è facile immaginare quale.

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IL DIBATTITO, SÌ!

Un teologo, don Francesco Carensi, scrive:

“il pane, al quale non si può non aggiungere il vino, ha una valenza simbolica. Essi rappresentano la natura (sono frutti della terra) e la cultura (sono i frutti del lavoro dell’uomo)”.